Dolci di Natale: il 50% dei calabresi li prepara in casa

Alessia Antonucci

Resta il re indiscusso anche sulle tavole calabresi. È il panettone che sbaraglia il pandoro (rispettivamente 78% e 73%). A rilevarlo la Coldiretti Calabria, che in una nota spiega: “I dolci tipici di Natale durante le festività sono presenti in oltre 8 case su 10. Sono diverse le aziende calabresi con una lunga tradizione nel produrre panettoni e pandori artigianali, esaltando i prodotti del territorio.

Il 50% delle famiglie calabresi prepara in casa i dolci natalizi

Quest’anno quasi il 50% delle famiglie calabresi ha scelto di preparare da sé i dolci tipici del Natale, un’attività che è tornata ad essere gratificante all’intero delle famiglie. Nella nostra regione tanti le leccornie, con varianti nella preparazione e nei nomi in base alle località. In primis i torroncini che, con il torrone Igp di Bagnara, ha ormai conquistato tanti mercati nazionali e internazionali. E poi, Scalille, turdilli o cannariculi, pitta mpigliata o nchiusa, ginetti, pignolata, susumelle, mostaccioli.
“Si tratta di specialità che – spiega Coldiretti Calabria – arricchiscono le tavole delle Feste nel periodo natalizio anche nei menù degli agriturismi sparsi sul territorio e impegnati a conservare nel tempo le tradizionali alimentari del territorio”.

Qualità e sicurezza dei prodotti

Importante sempre garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti acquistati. Lo afferma la Coldiretti sulla base dei dati Ixe’ nell’esprimere apprezzamento per gli accertamenti effettuati dai Carabinieri del Nas che, di concerto con il Ministero della Salute, hanno portato al sequestro di 39 tonnellate di prodotti dolciari e materie prime, perché tenuti in cattivo stato di conservazione o in locali interessati da gravi carenze igienico strutturali, invasi da parassiti, privi di tracciabilità e oggetto di frode in commercio.

“Le frodi a tavola – sottolinea la Coldiretti – sono crimini particolarmente odiosi perché si fondano spesso sull’inganno nei confronti di quanti, per la ridotta capacità di spesa, sono costretti a risparmiare sugli acquisti di alimenti. Un comportamento scorretto che mette a rischio la salute dei consumatori e fa concorrenza sleale agli imprenditori corretti che hanno contribuito a far conquistare all’Italia la leadership nella qualità dell’alimentazione”.

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