La fede che combatte il Covid-19

Red02

La Chiesa di Calabria, all’emergenza sanitaria e sociale, ha risposto con il criterio della “gerarchia dei bisogni”: mensa, aiuti alimentari, accoglienze e lavoro. Alcune diocesi calabresi hanno messo a disposizione strutture per ospitare i sanitari impegnati nella lotta al virus; altre hanno effettuato donazioni in favore degli ospedali. La Chiesa è sempre di più identificata come un ospedale da campo per curare i feriti, sollevare i caduti e ridare speranza. “Dobbiamo essere creativi per evitare che Dio e la vita spirituale siano considerati un optional” – ad affermarlo, in un’intervista pubblicata sul portale della Conferenza episcopale di Calabria, è il presidente dei vescovi calabri, mons. Vincenzo Bertolone.
Nei mesi scorsi, i vescovi calabresi avevano preso importanti provvedimenti: dallo svuotare le acquasantiere, all’evitare il segno della pace e le condoglianze ai funerali, fino alla sospensione della catechesi e delle attività degli oratori. Ora, che la curva del contagio è in netto aumento, sale la preoccupazione: le misure da adottare nei prossimi mesi si faranno più stringenti?
Celebrazioni ridotte a 30 persone, matrimoni rimandati e la politica che decide quali funzioni fare e quali no. Sono tutte cose che hanno segnato e segneranno la memoria dei cristiani in Italia e soprattutto in Calabria, dove la religione è ancora uno di quei valori che vanta di possedere.

Una chiesa, che durante l’emergenza sanitaria qualcuno ha sentito vicina, grazie alle azioni di carità e qualcuno, invece, l’ha percepita lontana ossequiosa e timida dinnanzi al potere politico. Senza dubbio però, per molti fedeli, l’unica vera salvezza in questa sventura, chiamata “Covid-19”, è stata ed è la fede e la preghiera. Quasi come se si aspettasse il miracolo divino che risveglia l’umanità da quest’incubo. L’immagine che più ha segnato le menti di tutti gli italiani durante il lockdown, oltre alle ormai famose bare che uscivano dalla città di Bergamo sui camion militari, è quella del Papa in una Piazza del popolo uggiosa, fredda, deserta e avvolta da un silenzio assordante. “Dio non lasciarci in balia della tempesta”. È la preghiera che fa il Papa inginocchiato d’innanzi al sagrato, seguito in diretta- tv da milioni di persone. Il silenzio echeggia. Il mondo è in preghiera con un bisogno universale di speranza. Alla voce emozionata di Francesco sembrava si udissero i respiri affannosi dei malati in ospedale, il rantolo dei morenti, i sussurri nelle case e la speranza dei sopravvissuti.

La chiesa, che negli anni spesso ha diviso, generando un dibattito continuo tra cristiani credenti e atei convinti, durante il Coronavirus, sembra dunque aver unito più che mai: “lo non sono cristiano, non credo nella chiesa, ma guardando in televisione il Papa mi è venuta la pelle d’oca. Non importa se credi o non credi, in questo momento di pura paura abbiamo bisogno di Dio, abbiamo bisogno di credere che comunque vada qualcuno ci salverà” – ha scritto un utente, sotto una delle tante diretta Facebook.

 

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