“Le spiagge calabresi e in generale quelle italiane, hanno visto nei decenni diminuire gli apporti solidi fluviali, a causa della costruzione delle grandi dighe ma anche della messa in sicurezza montana dei corsi d’acqua, attraverso le briglie, gli argini, eccetera. Questi interventi hanno garantito la protezione idraulica dei territori montani e collinari, oltre che la fornitura di acqua ed energia elettrica, ma il prezzo in termini ambientali lo stiamo vivendo ora, con l’assottigliamento progressivo dei litorali e la sempre più marcata aggressione alle strutture antropiche prossime al mare“. A dichiararlo Giuseppe Maradei, responsabile del circolo di Lamezia Terme “Italia del Meridione”, che propone la necessità di un nuovo approccio, basato su due assi portanti: la gestione dell’emergenza e gli interventi che hanno risultati nel futuro.
“Una grande parte di questi problemi nascono da fenomeni di illegalità diffusa, come la costruzione di grandi quartieri abusivi ma anche dal fatto che qualche decennio fa il problema erosione della costa non esisteva e, quindi, legittimamente si sono costruite case ma anche le importanti vie di comunicazione rappresentate dalla ferrovia e dalla statale 18 lungo il tirreno. Intervenire su questo aspetto, quindi, vuol dire mediare fra le esigenze di chi ha avuto una legittima autorizzazione a costruire un’abitazione o un’infrastruttura e le disponibilità finanziarie sulla difesa del suolo”.
La difesa della costa prevede due tipi di interventi: rigidi, i massi messi a mare e morbidi, il versamento dei sedimenti per ricostruire le spiagge. Su questo aspetto, Maradei propone un ulteriore intervento: “L’approccio di interventi rigido-morbido-misto è utile in una prima fase, quella della gestione dell’emergenza: ma versare a mare tonnellate di massi provenienti dai monti e trasportati da camion che intasano le strade e inquinano non può essere una soluzione ambientalmente e finanziariamente sostenibile. E’ necessario ripensare alla difesa del suolo in modo integrato, a partire dalle cause prime che hanno determinato l’innesco”.
Maradei insiste sul punto “dove ci sono criticità importanti, non si può fare a meno di costruire opere di difesa rigide, ma è fondamentale ripristinare le spiagge con ripascimenti mirati e predisporre un piano di rifunzionalizzazione dei corsi d’acqua, in modo che i fiumi possano tornare, per quanto possibile, a portare sedimenti a mare, in modo che le spiagge possano tornare a crescere. La regione su questo può fare molto, è la responsabile principale della difesa del suolo ed è necessario che si adoperi per aggiornare gli strumenti attuativi. Il Master Plan per gli interventi di difesa e tutela della costa è stato uno strumento fondamentale che ha avuto tante ricadute positive ma ora deve essere aggiornato, essendo in vigore da quasi 10 anni e dovrebbe essere integrato da un più deciso ricorso ai ripascimenti. Per questo motivo, con l’ausilio delle Università Calabresi che ben conoscono il territorio, è fondamentale approfondire la conoscenza delle coste attraverso un monitoraggio sistematico, eseguendo frequentemente il rilievo topobatimetrico dei fondali e planoaltimetrico delle spiagge (con l’ausilio di ecoscandagli multebeam e droni) e dei principali corsid’acqua, il campionamento e le analisi finalizzate alla classificazione dei sedimenti di tutte le possibili aree di prelievo (aree di accumulo, fiumi, depositi sottomarini), da un lato, e di deposito (tipicamente le aree in erosione) dall’altro e condensando il tutto in un piano sul quale si debbano ottenere tutti i pareri necessari, in primis la Valutazione Ambientale Strategica. In questo modo, quando é necessario eseguire un ripascimento in un certo litorale, si sa già dove andare a prendere i sedimenti e ci sono già le autorizzazioni ambientali, per cui è sufficiente il solo progetto ingegneristico.”
Questa modalità di intervento può sembrare avveniristica ma è già presente anche in Italia; infatti “sono almeno 15 anni che regioni come Toscana, Lazio, Emilia Romagna, hanno implementato programmi simili con risultati soddisfacenti in termini di prevenzione degli allagamenti e gestione delle spiagge. In Calabria il ripristino delle spiagge sarebbe ancora più semplice perché abbiamo a disposizione grandi volumi di sedimenti intrappolati dietro a briglie relativamente vicine alla costa. A tal fine appare ineluttabile costruire un percorso per la rifunzionalizzazione dei bacini idrografici, in modo che tornino ad essere fonte di sedimenti per le spiagge. In questo modo, oltre a riportare naturalmente i sedimenti sulla spiaggia si ridurrebbero i rischi di alluvioni dovute al sovralluvionamento dei corsi d’acqua”, conclude Maradei