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Due persone sono rimaste ferite a causa di un’esplosione avvenuta nella notte in un’abitazione di Sellia Marina, nel catanzarese. Secondo quanto accertato dai Vigili del Fuoco, l’esplosione sarebbe stata provocata da una fuga di gas in un appartamento al primo piano di un fabbricato di via Acqua delle Mandrie.
I feriti hanno riportato delle ustioni, ma le loro condizioni non sono gravi. I pompieri hanno spento l’incendio divampato in cucina e messo in sicurezza la zona. Lo spostamento d’aria originato dall’esplosione ha divelto il portoncino di ingresso e le finestre dell’abitazione, procurando lievi danni ad alcune vetture parcheggiate nei pressi.
E’ di un morto il bilancio di un incendio che ha completamente distrutto un appartamento a Cinquefrondi, nel reggino. Il rogo, scoppiato per cause ancora non chiare, ha avvolto tutti gli arredi della casa, sviluppando una densa coltre di fumo e non lasciando scampo al giovane trentenne rimasto intrappolato nella propria camera da letto.
Sul posto le squadre dei vigili del fuoco di Polistena, Palmi e Siderno, intervenute con 4 automezzi per evitare che le fiamme si propagassero alle abitazioni adiacenti e al resto dell’immobile.
Un 80enne, pensionato, ha perso la vita nell’incendio della sua abitazione. Il fatto è avvenuto la scorsa notte a Trebisacce. Un vicino di casa ha tentato, invano, di salvarlo, prima dell’arrivo dei Vigili del Fuoco. L’uomo, per quanto si apprende, dopo molti anni di lavoro all’estero, si era ritirato nella sua abitazione di nascita. Si ipotizza che possa essere stato un braciere acceso in casa a scatenare il rogo. Sull’accaduto indagano i Carabinieri.
I vigili del fuoco del comando provinciale di Vibo Valentia sono intervenuti nella frazione San Costantino di Briatico per un incendio che ha interessato un appartamento al primo piano di una casa popolare.
L’incendio, le cui cause sono in corso di accertamento, ha interessato un appartamento al cui interno si trovava un 62enne, che è stato soccorso da alcuni vicini ed è stato trasportato all’ospedale di Tropea.
I vigili del fuoco, intervenuti con tre squadre, una proveniente da Vibo Marina e due dalla sede centrale, hanno provveduto all’estinzione dell’incendio impedendone la propagazione agli appartamenti adiacenti. Il rogo ha distrutto tutte le suppellettili presenti all’interno del locale e danneggiato il solaio soprastante.
E’ stata fatta luce su un incendio divampato lo scorso luglio all’interno dell’abitazione di un agricoltore 62enne di Gimigliano, nel catanzarese: sarebbe stato il figlio del proprietario della casa incendiata, aiutato da un complice, ad appiccare il fuoco. Per questo i due, braccianti agricoli, sono stati arrestati. Fortunatamente, al momento dell’incendio nessuno era presente in casa. I Carabinieri di Gimigliano hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Catanzaro su richiesta della Procura nei confronti di un 29enne, già noto alle forze dell’ordine, e di un 37enne, accusati di aver incendiato la casa del padre del più giovane.
I militari avevano riscontrato evidenti segni di effrazione sulla porta d’ingresso, presumendo da ciò che qualcuno, introdottosi nella casa, avesse appiccato il fuoco. E avevano focalizzato le indagini e gli accertamenti nell’ambito familiare della vittima, poiché già da tempo, quest’ultima aveva avuto contrasti con alcuni suoi parenti più stretti per una successione testamentaria. Analizzato lo smartphone in uso al 29enne, figlio della vittima, dall’esame dei dati sono emersi messaggi scambiati tra i due arrestati, da cui, in modo inequivocabile, si sarebbe appurato che ad incendiare l’abitazione del padre era stato il figlio con l’aiuto di un complice. I due agricoltori sono stati posti agli arresti domiciliari con le accuse di incendio e violazione di domicilio.
Erano subentrati nella gestione di un casa di riposo sull’Appennino bolognese, svuotando della liquidità la vecchia società, in dissesto, portandola al fallimento e creando una nuova cooperativa, utilizzando per questo alcuni prestanome. Inoltre il presunto gruppo criminale avrebbe minacciato e intimidito i dipendenti della struttura, con “modalità tipicamente mafiose”, per gli investigatori, allo scopo di farli prima dimettere e poi riassumerli nella nuova realtà. Lo hanno scoperto, con l’operazione ‘Ragnatela’, Carabinieri e Guardia di Finanza, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di due crotonesi e un sequestro preventivo nei loro confronti e di altre 21 persone fisiche o giuridiche per due milioni. Le accuse, a vario titolo per 23 indagati, sono associazione per delinquere, estorsione aggravata dal metodo mafioso, bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale e per operazioni dolose, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, emissione di fatture per operazioni inesistenti, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate. Il sequestro ha riguardato due aziende lombarde (una società immobiliare di Brescia e un esercizio di rivendita al dettaglio di generi di monopolio corrente nell’hinterland milanese) e disponibilità liquide. Il gruppo era entrato nella gestione nel 2015, secondo carabinieri e finanza, al solo fine di distrarre gli asset societari, composti dall’azienda e dall’immobile, del valore di oltre sette milioni e mezzo. Per farlo, avrebbe stipulato un falso contratto d’affitto d’azienda tra la società, appena rilevata, e una cooperativa appositamente costituita, per rendere i beni inappetibili sul mercato. Intanto, la vecchia società, oberata da debiti per 4,4 milioni principalmente verso l’Erario ed enti previdenziali e assistenziali, è stata portata al fallimento e svuotata della liquidità ancora giacente sui conti correnti. I dipendenti sarebbero stati costretti a dimettersi volontariamente dopo ripetute minacce, atteggiamenti intimidatori e prevaricazioni di vario genere: demansionamenti, mancata corresponsione delle retribuzioni e fruizione di ferie forzate. Gli stessi sono stati poi assunti dalla nuova società e, se si fossero rifiutati, sarebbe scattato per loro il licenziamento in tronco. Sono emerse inoltre assunzioni fittizie, fatture per operazioni inesistenti rilasciate da soggetti compiacenti, per lavori di ristrutturazione mai effettuati, acquisti fittizi di cespiti e prestazioni di servizio mai ricevute, e conti e carte di credito delle società utilizzati per acquisti estranei alle finalità societarie. Tra i beni sequestrati, denaro contante per 120.000 euro, una società immobiliare, un esercizio di rivendita al dettaglio di generi di monopolio, due auto e nove orologi di valore.
I finanzieri del Comando Provinciale di Crotone si sono recati presso alcuni centri di spedizione della città, in cui, grazie alla segnalazione del cane “Val”, hanno individuato un pacco sospetto, dal quale proveniva un forte odore tipico della marijuana. Si è deciso di procedere alla “consegna controllata” del pacco, affidandolo nelle mani del destinatario, residente nel comune di Casabona. A questo punto ha preso avvio l’operazione di polizia, con la perquisizione dell’abitazione. E si è scoperto che il destinatario del pacco, insieme ad un complice convivente, aveva messo in piedi all’interno della propria abitazione un rudimentale laboratorio di lavorazione della marijuana.
In casa era custodito dello stupefacente già essiccato, confezionato sottovuoto e pronto per la commercializzazione; nel garage, invece, era stato allestito un impianto per l’essiccazione delle piante, alcune
delle quali riposte all’interno di cassette in plastica e sottoposte alla costante areazione di due grossi ventilatori, mentre altre erano appese su appositi appendini. Oltre allo stupefacente, quantificato in circa 40 kg, è stato posto sotto sequestro tutto il materiale utile al confezionamento e all’essiccazione. I due sono stati arrestati. La droga sequestrata, se immessa sul mercato illecito, avrebbe fruttato circa 400.000 euro.
Casa, Immobiliare.it : aumentano affitti a Catanzaro e Reggio, calo a Crotone e Cosenza
“Nel terzo trimestre del 2021, il mercato immobiliare calabrese si assesta su una situazione di sostanziale stabilità per quanto riguarda sia i prezzi della vendita che i canoni di locazione”. E’ quanto emerge, secondo quanto riferisce un comunicato, dall’ultimo osservatorio di Immobiliare.it. “Nello scorso mese di settembre – si afferma nella nota – i prezzi richiesti da chi vende casa in Calabria si sono attestati su una media di 928 euro al metro quadro (-0,2%), mentre i canoni di locazione sono saliti a 5,4 euro/mq (+1% nel trimestre). Scendendo nel dettaglio dei singoli capoluoghi, per quanto concerne le compravendite, il quadro che emerge è in accordo con quanto rilevato a livello regionale. In tutte le città capoluogo di provincia il mercato è stabile. Il calo maggiore nei prezzi di vendita si registra nella città di Crotone, che perde l’1,4%, e nella provincia di Vibo Valentia, che segna un -1,3%, confermandosi comunque il centro più caro dove comprare casa dell’intera regione (1.388 euro/mq). Sopra i mille euro al metro quadro anche le città di Crotone (1.078 euro/mq) e di Cosenza (1.026 euro/mq). Più economica, invece, Reggio Calabria, dove sono sufficienti, in media, 874 euro/mq per vivere in città e 822 euro/mq per la provincia”. “Il comparto delle locazioni – é detto ancora nel comunicato – fa registrare valori in aumento per quasi tutte le città calabresi, con alcune eccezioni. La provincia di Crotone perde il 23,5%, pur mantenendo i canoni più elevati della regione (9,8 euro/mq). In calo, pur se più contenuto, anche la città di Cosenza che segna un -2,5%. In provincia di Catanzaro, invece, si registra un aumento del 4,8% ed a Reggio del 3,1%. Il budget per affittare casa in Calabria si aggira quasi ovunque attorno ai 5 euro al metro quadro, con l’eccezione di Crotone e delle province di Reggio e Vibo, entrambe sopra i 6 euro al metro quadro”.
Sessanta chilogrammi di marijuana sono stati scoperti dai carabinieri all’interno di un’abitazione disabitata in località Fabrizio di Corigliano Calabro. Gli uomini del Nucleo Operativo e Radiomobile, allertati dai colleghi di Chiaravalle (AN), a cui si era rivolto il proprietario dell’immobile, residente nelle Marche, per denunciare dei movimenti sospetti segnalati all’interno della sua casa di Corigliano, sono andati nell’immobile di via Varsavia dove era stata segnalata la possibile presenza di un “laboratorio” per la produzione di marijuana. La segnalazione ha trovato conferma: nell’edificio si faceva essiccare, si confezionava e si divideva in dosi la sostanza stupefacente. In diversi locali c’erano dei fili di ferro a cui erano appesi ramoscelli di canapa indica in fase di essicazione. In altre stanze la sostanza era raccolta dentro alcune lenzuola, pronta per la divisione in dosi. Trovate anche infiorescenze di marijuana chiuse in sacchi in plastica, pronte per essere smerciate ai pusher del luogo. I militari hanno proceduto al repertamento delle tracce biologiche lasciate dai responsabili nel laboratorio: mozziconi di sigaretta, bicchieri e bottiglie di plastica utilizzate recentemente.
Hanno dato fuoco ad una casa con lo scopo di costringere l’affittuario, un migrante nigeriano che in quel momento stava dormendo, a lasciare l’immobile. Dopo avere appiccato l’incendio, i responsabili, al momento ignoti, si sono allontanati e sono adesso ricercati dai carabinieri. E’ accaduto a Soriano Calabro. Il migrante che si trovava nell’abitazione è riuscito per fortuna a fuggire ed è rimasto illeso. Per provocare l’incendio, i responsabili, probabilmente due, si sono introdotti nella casa forzando la porta d’ingresso. Le fiamme si sono propagate rapidamente, provocando gravi danni all’immobile. Dalle indagini avviate dai Carabinieri è emerso che alla base dell’incendio doloso non ci sarebbe alcuna forma di razzismo nei confronti del nigeriano, che tra l’altro paga regolarmente l’affitto, ma che si volesse costringere l’uomo ad abbandonare la casa, magari per subentrargli nell’occupazione dell’immobile, ubicato nel centro storico del paese. Esclusa, inoltre, qualsiasi responsabilità da parte del proprietario dell’abitazione.
Gli agenti della Sezione Antidroga della Squadra Mobile di Cosenza hanno arrestato un uomo di 47 anni, pluripregiudicato per reati di droga ma anche contro la persona ed il patrimonio. L’uomo è stato sottoposto ad un controllo a bordo della sua auto e poi gli operatori di polizia hanno eseguito una perquisizione presso la sua abitazione e nel magazzino a lui in uso. E hanno trovato 23 grammi di cocaina, già suddivisa in più dosi e pronte per essere cedute. L’uomo è stato arrestato in flagranza per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio ed è stato posto agli arresti domiciliari.
Non vedrà mai più la sua casa di Paludi lasciata, o meglio abbandonata, quando aveva solo 17 anni. Umberto Quintino Diaco, questo il nome del clochard trovato morto a Milano, era di origini calabresi. Nato a Paludi, piccolo centro del cosentino alle pendici della Sila, era andato via di casa da adolescente per contrasti con la famiglia. La sorella Chiarina racconta di averlo cercato a lungo, ma inutilmente. Era diventato un fantasma per la sua famiglia. Un ribelle, ma non uno sprovveduto, durante la sua vita controcorrente aveva accumulato più di centomila euro sui conti bancari, 19 mila euro in titoli azionari e percepiva una pensione, versata dalla previdenza tedesca, di 750 euro al mese. Quando gli agenti della Polfer hanno trovato il suo corpo senza vita sono rimasti colpiti dal fatto che avesse in tasca 1.235 euro in contanti. Una cifra che gli avrebbe permesso di passare più notti in una suite dei migliori hotel milanesi. Invece Umberto Quintino Diaco preferiva frequentare il servizio di accoglienza della Caritas e scelto di dormire per strada, nonostante il freddo che alla fine, in una notte particolarmente gelida, ha avuto la meglio…