‘Ndrangheta: operazione tra Piemonte e Calabria, arresti e sequestro di beni

Red

La Guardia di finanza di Torino, con il coordinamento della Procura della Repubblica del capoluogo piemontese, nell’ambito dell’operazione denominata “Cavallo di Troia”, ha eseguito nelle provincie di Torino, Asti e Reggio Calabria un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 2 persone e un provvedimento di sequestro preventivo, per 2,5 milioni di euro emesso a carico di 8 persone, una delle quali ancora irreperibile, tutte ritenute responsabili, a vario titolo, di reati fiscali, fallimentari, aggravati dall’agevolazione mafiosa, e, per 2 di loro, anche di concorso in associazione mafiosa.

L’indagine ha consentito di individuare 3 società operanti nel settore edilizio, ritenute al servizio di esponenti della ‘ndrina Bonavota, radicata nel territorio di Carmagnola (Torino) e collegata all’omonima cosca calabrese. Più in dettaglio, lo sviluppo di risultanze investigative emerse nell’ambito dall’operazione “Carminius”, condotta nel 2019, ha permesso di svelare collegamenti tra coloro che gestivano le imprese e i membri del sodalizio ‘ndranghetista. Gli indagati risultano aver gestito le imprese, anche tramite l’utilizzo di prestanome, forti dell’appoggio fornito loro dalla cosca, in grado di garantire importanti commesse per la realizzazione di opere e la “protezione” in caso di difficoltà.

Gli stessi, abbattendo fittiziamente i debiti tributari e previdenziali, avrebbero attuato una sorta di doping fiscale, risultando così avvantaggiati rispetto alla concorrenza delle aziende operanti nei medesimi settori. L’operazione ha consentito, inoltre, di delineare un modus operandi connotato da sistematiche condotte caratterizzate dal depauperamento dei patrimoni aziendali, lasciando da un lato le imprese in una situazione di completa spoliazione delle risorse, anche destinate al pagamento di stipendi e contributi dei dipendenti e, dall’altro, destinando parte dei profitti dei reati perpetrati alla criminalità organizzata. Tra i destinatari dei sequestri patrimoniali figurano anche due professionisti, uno dei quali, finito in carcere, avrebbe agito, di fatto, quale referente tecnico per l’attuazione dei meccanismi di frode. È stato, di fatto, realizzato un articolato sistema di evasione fiscale, protratto fino al 2019, mediante l’impiego di crediti Iva inesistenti utilizzati per compensare, indebitamente, gli oneri previdenziali derivanti dall’utilizzo di lavoratori dipendenti, per un valore complessivo di circa 2,5 milioni di euro.

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