Con la lectio su corpus cartografico e trasformazione del territorio del geoarcheologo Gioacchino Lena, si è inaugurato lo scorso sabato a Cetraro, nella sala di Palazzo Del Trono, il primo di una serie di incontri di approfondimento che la Coop Caster, ente gestore del museo Civico, ha inteso promuovere nell’ambito della mostra politematica “Arte inedita e Antichità ritrovata” inaugurata lo scorso sedici giugno. “Il nostro è un progetto scientifico di ampia portata”, ha affermato il presidente Luigi Orsino, “che ha visto nel percorso espositivo la realizzazione di indagini scientifiche cui hanno contribuito docenti ed esperti del settore. Per questo abbiamo fortemente voluto questi momenti di approfondimento che proporremo in maniera periodica per rendere la mostra non solo uno spazio espositivo ma anche un punto di riferimento didattico”. Lo storico dell’arte ha poi dichiarato: “in virtù della proroga della mostra -che ci auguriamo sia visitabile sino ad ottobre- abbiamo inteso offrire spazi di confronto e analisi degli argomenti del percorso espositivo. Insieme all’applicazione “CASTERAPP” forniremo così un quadro più ampio e dettagliato a chiunque voglia approcciarsi alla conoscenza dei contenuti”.
Spazio, poi, alla lectio del professore Lena iniziata con una discussione di carattere generale sulla cartografia antica, sul simbolismo nelle carte, sulla esattezza o meno di esse, sulla percezione dello spazio da parte del cartografo in rapporto alle sue esperienze e conoscenze del sito da rappresentare, sulla sua cultura. Passando al territorio di Cetraro la prima immagine proposta dal geoarcheologo ha riguardato una mappa di Cetraro proveniente dall’archivio dell’Abbazia di Montecassino e datata 1539: “In essa -ha affermato- il centro urbano è rappresentato in cima a un colle direttamente a picco sul mare, senza spiaggia che in quel momento ancora non esisteva ma si è formata fra il XVII e il XVIII secolo”. “La prima carta a stampa -ha proseguito il vicepresidente Sigea- ,
presente nella sezione cartografica del museo, è quella del cosentino Prospero Parisi (Patricius romanus) ripresa appena tre anni appresso da Ortelio e inserita nell’atlante mondiale. La carta essenziale per la definizione della Calabria resta invece quella di Colantonio Stigliola e Mario Cartaro, rilevata direttamente per qualche mese e integrata da notizie raccolte negli uffici del governo. Sia perché lo Stigliola fu accusato di eresia e rinchiuso in una prigione romana, sia soprattutto perché rendeva noti a chiunque dati non suscettibili di divulgazione, la carta fu ritirata per ordine del governo. Oggi ne esistono solo 6 copie manoscritte, tuttavia in qualche corte amica copia manoscritta ci dovette essere e fra questa la corte di Mantova dove fu vista e copiata quasi integralmente da Antonio Magini il cui atlante fu pubblicato postumo dal figlio Fabio nel 1620. Questa carta ebbe enorme fortuna e, essendo priva del sigillo imperiale, riprodotta praticamente per un secolo e mezzo. “Interessante, poi, per la fine del XVII secolo -ha detto il geoarcheologo- la carta di Boulifon che riporta una sorgente a meridione di Capo Fella, laghi costieri fonte ed origine della malaria, scogli appena affioranti sulla costa. Uno di questi, lo Scoglio della Nave, si trova oggi al margine della strada nazionale ed è stato interrato successivamente. Cetraro è rappresentata in cima ad una collina che verso sud forma una insenatura, adesso completamente colmata, e che potrebbe essere quella utilizzata come porto. Nel 1769 fu pubblicato l’atlante geografico del Regno di Napoli da parte di Giovani Antonio Rizzi Zannoni, cartografo padovano portato a Napoli dall’Abate Galiani. Era un atlante ricavato dalla cartografia esistente uniformandone il tratto, la toponomastica e le coordinate geografiche (nel corpus cartografico del museo ne esiste una copia derivata da esse da parte di Robert Sayer). L’atlante ebbe un grande successo specie fra gli esponenti del governo e il re stesso per cui Rizzi Zannoni fu incaricato di redigere l’Atlante marittimo del Regno di Napoli e l’Atlante Geografico del Regno di Napoli, lavoro presto interrotto perché tutte le energie governative furono volte alla ricostruzione post terremoto del 1783. Tra le carte di questo corpus cartografico post-sisma esistono quelle di Padre Eliseo della Concezione la cui copia è contenuta nel fondo Losardo del museo Civico di Cetraro”. “Infine”, ha concluso Lena, “la carta di Rizzi Zannoni fu pubblicata prima in edizione ridotta e poi alla scala 1:111000 nel 1812 e fu subito ritenuta tra le carte più belle e moderne d’Europa. La stessa carta rimase in auge fino alla conquista del Meridione da parte di Garibaldi, ma fu aggiornata dagli ufficiali austriaci nel 1830. Ancora la strada costiera arrivata al tratto finale del corso del fiume Aron compie una deviazione verso est per giungere a Cetraro e poi proseguire verso San Marco Argentano. Inoltre, sono ancora sono segnate paludi costiere (nel 1880 l’ingegnere Salmojraghi preferirà attraversare questo tratto di costa in barca), ma sono anche segnalati il lago Astore sulle montagne cetraresi, i laghetti di Fagnano, il Laghicello a monte di Fuscaldo. L’ufficio cartografico napoletano continuerà ancora per poco la sua vita con Visconti, Benedetto Marzolla e vari altri personaggi che si susseguirono in un breve spazio di tempo. Dopo l‘Unità d’Italia esso passerà a Firenze e le carte successive non forniscono molte novità sui paesaggi costieri del Tirreno Cosentino”.
Il geoarcheologo Gioacchino Lena primo ospite incontri approfondimento della mostra Arte inedita e Antichità ritrovata a Cetraro
580
articolo precedente