Arresti Cosenza: clan imponevano pizzo a imprese

Anna Franchino

Tre episodi estorsivi in danno di altrettante imprese esecutrici dei lavori di ampliamento dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, di ammodernamento degli impianti di illuminazione del campus dell’Università della Calabria a Rende e delle opere di restauro del convento di San Francesco di Paola, a Spezzano della Sila. Sono le circostanze ricostruite dai carabinieri di Cosenza e che hanno portato all’operazione denominata “Overture” condotta dai carabinieri e coordinata dalla Dda di Catanzaro e all’esecuzione di 15 arresti (due ai domiciliari), e sei obblighi di dimora. Le indagini dei militari hanno ricostruito i movimenti di due gruppi criminali dediti ad attività di estorsione, anche attraverso l’utilizzo di reati contro il patrimonio e la persona, e al traffico e allo spaccio di droga. Nel corso del blitz, sono stati trovati un kalashnikov e otto pistole clandestine e il relativo munizionamento e una carabina ad aria compressa. Documentata anche la riorganizzazione territoriale della cosca “Perna-Pranno” (poi ridenominata “Lanzino-Cicero”) e accertata l’operatività del gruppo in città a seguito della scarcerazione di Gianfranco Sganga, ritenuto al vertice del sodalizio criminale. Secondo quanto riferito dagli inquirenti, inoltre, il gruppo attuava un rigido controllo del territorio attraverso furti ai danni di esercenti commerciali ed episodi di minacce e aggressione tra cui quella ad un dipendente delle Ferrovie della Calabria, “colpevole” di atteggiamento poco tolleranti rispetto a condotte illecite di alcuni dei suoi colleghi, i quali avrebbero poi richiesto la “protezione” del clan. Le investigazioni hanno poi consentito di individuare un’altra organizzazione criminale legata da vincoli di parentela con la famiglia Perna, dedita soprattutto allo spaccio di droga attraverso una fitta rete di pusher. “E’ giunto il momento che gli imprenditori si rendano conto che possono e devono denunciare”. Lo ha detto il Procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa per l’operazione “Overture” condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Cosenza. Estorsioni danneggiamenti e armi da guerra non hanno fermato le denunce degli imprenditori vittime delle estorsioni da parte degli sgherri della consorteria “Perna-Pranno”. “Siamo qui per conto di Gianfranco di San Vito” era la parola d’ordine e Gianfranco altri non è che Gianfranco Sganga, uscito dal carcere nel 2016 dopo una condanna per associazione mafiosa e rimessosi in fretta a capo della cosca. Il quartier generale delle attività criminali del gruppo era la zona di San Vito e il centro storico di Cosenza. “Oltre alle armi da guerra tra i ritrovamenti più inquietanti ci sono anche delle false divise dei carabinieri” ha detto il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla. Ritrovamenti che lasciano presagire la possibilità di commettere attentati o omicidi. “L’indagine – ha sostenuto il comandante provinciale dell’Arma di Cosenza, colonnello Pietro Sutera – ha aperto uno squarcio inquietante del contesto nel quale gli indagati si muovevano”. E’ venuto fuori, così, il “sistema Cosenza”, una sorta di pax mafiosa tra i vari gruppi criminali della città organizzati sullo spaccio e il rifornimento di droga e che si spartivano per zone le imprese da estorcere. Un’intesa suggellata dalla bacinella comune nella quale fare confluire una “rata” delle attività illecite.

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