‘Ndrangheta: cosche radicate a Roma, 43 misure cautelari

Red

Un’operazione della Direzione Investigativa Antimafia è stata effettuata in Lazio e in Calabria per l’esecuzione di un’ordinanza cautelare del gip di Roma su richiesta della Dda romana nei confronti di 43 persone. In tutto sono però 77 gli arresti.

Alcuni sono accusati di far parte di una locale di ‘ndrangheta, radicata nella capitale, autonoma rispetto a quella calabrese e finalizzata ad acquisire la gestione e il controllo di attività economiche in svariati settori, come quello ittico, della panificazione, della pasticceria, del ritiro delle pelli e degli olii esausti. Eseguite perquisizioni e anche sequestri che interessano 24 società e attività, tra cui bar, ristoranti e pescherie nell’area nord della Capitale, in particolare nel quartiere Primavalle.

L’organizzazione, secondo quanto riferito dagli inquirenti, faceva sistematicamente ricorso ad intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività. Inoltre, secondo quanto emerso dall’indagine, denominata “Propaggine”, l’organizzazione si proponeva di commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi, affermando il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio, realizzato attraverso accordi con altre organizzazioni criminali.

Per quanto riguarda il versante calabrese dell’indagine, su disposizione del gip di Reggio Calabria, la Dia ha eseguito misure cautelari che riguardano 34 indagati (29 finiti in carcere e 5 ai domiciliari) che devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, favoreggiamento commesso al fine di agevolare l’attività del sodalizio mafioso e detenzione e vendita di armi comuni da sparo e armi da guerra aggravate. Le indagini sono focalizzate sulla cosca Alvaro/Penna, che ha un radicato controllo del territorio e delle attività economiche e si è infiltrata nella gestione di alcune amministrazioni locali.

Tra gli arrestati c’è anche il sindaco di Cosoleto, Antonino Gioffré, accusato di scambio elettorale politico-mafioso. Avrebbe favorito l’assunzione di un altro soggetto indagato. Antonio Carzo, originario di Sinopoli, sarebbe intervenuto personalmente, in occasione delle elezioni del 2018, in favore di Gioffrè. Antonio Carzo, detto “‘Ntoni Scarpacotta”, sarebbe stato, insieme con Vincenzo Alvaro, uno dei due “diarchi” che guidavano il clan ‘ndranghetista romano.

 

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