Truffa su “certificati bianchi” da 30 milioni, 22 misure cautelari

Red

La Guardia di Finanza di Torino ha eseguito 22 misure cautelari in tutta Italia nell’ambito di una indagine per truffe per ottenere indebitamente erogazioni pubbliche nel settore dell’efficientamento energetico. Agli indagati contestati i reati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata, riciclaggio, autoriciclaggio e bancarotta fraudolenta.

L’operazione, denominata “Bianco sporco”,  in Calabria ha interessato l’area del Crotonese e ha portato in tutto all’arresto in carcere per 13 degli indagati. Altri 3 sono destinatari dei domiciliari e 6 hanno l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. L’inchiesta, avviata nel 2018, riguarda un esteso sistema di truffa che una banda con base nella provincia di Torino, avrebbe messo in piedi utilizzando i cosiddetti certificati bianchi (o Tee, Titoli di efficienza energetica), introdotti a partire dal 2005.

Le aziende distributrici di energia elettrica e gas con più di 50.000 clienti finali hanno infatti l’obbligo di conseguire annualmente determinati obiettivi di risparmio energetico, e possono assolvere al proprio obbligo realizzando progetti di efficienza energetica che diano diritto ai certificati bianchi, oppure acquistando i certificati da altri operatori del settore, le cosiddette Energy Service Company, società che scelgono volontariamente di realizzare progetti di riduzione dei consumi negli usi finali di energia. Il Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (GSE), società a partecipazione pubblica, riconosce sia alle aziende distributrici, sia alle E.S.Co. un controvalore in certificati in misura corrispondente al risparmio di energia derivante dagli interventi realizzati. I certificati sono poi liberamente scambiabili sul mercato dei Titoli di Efficienza Energetica. Con la presentazione annuale dei certificati bianchi al GSE, le aziende distributrici dimostrano il raggiungimento degli obiettivi di risparmio prefissati e, contestualmente, maturano il diritto all’ottenimento di un contributo tariffario in denaro da parte della Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA) pari al valore di mercato dei certificati bianchi scambiati.

L’inchiesta, nata da segnalazioni di operazioni sospette, anche attraverso intercettazioni telefoniche e indagini finanziarie, ha messo in luce un meccanismo fraudolento per cui società italiane con qualifica di E.S.Co. presentavano al GSE documentazione comprovante la realizzazione di progetti relativi a lavori di efficientamento energetico rivelatisi fittizi (installazione caldaie, collettori o cappotti termici mai effettuati, dati identificativi dei soggetti destinatari dei lavori alterati o inesistenti o dati catastali risultati fittizi o non riconducibili a soggetti beneficiari dei medesimi progetti).

L’esame di oltre 1000 progetti ha mostrato che oltre la metà, ben 508, erano falsi. Ma, con quelli, le E.S.Co. ottenevano così l’indebita assegnazione di certificati bianchi, poi posti sul mercato gestito dal GME e quindi monetizzati. Le operazioni di compravendita analizzate hanno riguardato oltre 300.000 Tee. I responsabili delle ES.C.o. trasferivano parte del denaro così ottenuto in Italia e all’estero (Lituania, Inghilterra, Romania e Bulgaria) su conti correnti intestati sia a società a loro riconducibili, sia a soggetti terzi, giustificando tali movimentazioni con fatturazioni per ipotetiche prestazioni di servizio e/o cessioni di beni. Una volta ricevuto sul proprio conto corrente le somme di denaro provenienti dalla truffa, venivano fatti prelievi sistematici, presso bancomat e sportelli bancari, e acquistati oro e oggetti preziosi. In tal modo sarebbero stati riciclati oltre 13 milioni di euro. Il profitto della truffa, nella fase d’indagine attualmente in corso, è stato quantificato in circa 30 milioni di euro.

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