‘Ndrangheta: Pre-Serre, presunto boss resta al carcere duro

Anna Franchino

Bruno Emanuele, presunto boss della ‘ndrangheta delle Preserre Vibonesi, resta al carcere duro. Una decisione, quella assunta dal ministro di Giustizia, Marta Cartabia, contro la quale i legali dell’uomo, Giuseppe Di Renzo e Vincenzo Galeota, hanno annunciato di presentare ricorso. Emanuele è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per il duplice omicidio dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo; stessa condanna per quelli commessi a Cassano allo Ionio ai danni di Nicola Abbruzzese e Antonino Bevilacqua (alias Popin), risalenti agli anni 2003 e 2004; altri 24 anni di reclusione se li è visti infliggere, infine, nel processo “Luce nei boschi” per associazione mafiosa e altri reati fine, riconosciuto col ruolo di “braccio armato” della locale di ‘ndrangheta di Ariola di Gerocarne con a capo il boss Antonio Altamura. La posizione del Ministero della Giustizia richiama anche le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Raffaele Moscato in ordine ai tentativi (mai andati a buon fine) di aiutare il detenuto ad evadere dal carcere, resisi necessari proprio per evitargli una probabile sottoposizione al regime del 41bis. Secondo il Ministero, “le emergenze descritte fanno ritenere tuttora concreta pericolosità sociale del detenuto nonché la possibilità dello stesso di stabilire collegamento al di fuori del carcere”. E se la Dda di Catanzaro ha ritenuto necessario prorogare la misura restrittiva del 41 bis, lo stesso Dicastero ha concordato con tale orientamento in ragione della particolare posizione di responsabilità nell’organizzazione rivestita dal detenuto nell’ambito di appartenenza e del credito dallo stesso posseduto.

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